Nella proprietà c’è un vignetino piccolo e vecchio. Le piante hanno tronchi contorti, incroci e deviazioni. Mille mani negli anni le hanno potate e legate, mille mani hanno raccolto l’uva. Siccome sono lenta e non garantisco potatura e legatura in tempi ragionevoli per il vigneto “vero” quello grande e produttivo, da un paio di anni intervengono dei professionisti che nel tempo in cui io mi chiedo dove diavolo ho appoggiato le forbici l’ultima volta, hanno potato quattro filari. Allora “gioco” in questo vignetino vecchio. Poto e lego in un solo passaggio perché in effetti ho la fortuna di poter “giocare” alla potatrice. Affronto il mio compito con impegno ma soprattutto con la piacevolezza di chi fa in assoluta tranquillità quello che gli pare nei tempi che vuole. A volte ho le cuffiette nelle orecchie, a volte mi lascio distrarre dai concerti dei merli e degli uccellini che soprattutto verso sera, quando la luce comincia a diventare obliqua cantano e incantano.
Rispetto le scelte di potatura di chi mi ha preceduto tagliando a doppia palmetta. Può capitare che alzi lo sguardo per sciogliere gli intrecci dei rami sul filo più alto e incontri con lo sguardo il volo di un rapace che veleggia lento. Può capitare che tre faraone mi vengano a trovare e cantino il loro canto sgraziato per un tempo interminabile: Può capitare che annidate fra le fessure del tronco appaiano le coccinelle. Può capitare di cantare a squarciagola (chissà come) la canzone che sto ascoltando.
Capisco che è l’ora di smettere quando le pratoline chiudono i petali, il canto dei merli si fa struggente e la temperatura diventa più freschina.
Accompagno le oche nel recinto del pollaio, verifico che il numero dei tacchini e delle anatre sia quello giusto e rientro con la consapevolezza di essere una perdigiorno fortunata. Sarà la Primavera…
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